venerdì 22 marzo 2013

Stoker, la recensione

Regia: Chan-wook Park
Cast: Nicole Kidman, Mia Wasikowska, Dermot Mulroney, Matthew Goode, Lucas Till, Jacki Weaver, Alden Ehrenreich, Ralph Brown, Judith Godrèche, Wendy Keeling, Phyllis Somerville
Durata: 1h 40m
Anno: 2013

L’esistenza della giovane India (Mia Wasikowska) subisce un profondo scossone nel momento in cui il padre muore in un orribile incidente d’auto. Come se non bastasse, il giorno del funerale irrompe nella sua vita lo zio Charlie (Matthew Goode), di cui ignorava l’esistenza. Quest’ingombrante presenza entra di prepotenza a far parte della famiglia di India, trasferendosi nella casa che la giovane divide con la madre emotivamente instabile (Nicole Kidman). La ragazza, ovviamente, non gradisce la cosa ma con il passare del tempo comincia a sentirsi sempre più attratta dal nuovo arrivato, che sembra nascondere un inquietante segreto.


Gran parte degli appassionati di cinema hanno atteso (e continuano a farlo, dato che il film arriverà nelle sale italiane a maggio) Stoker con un misto di curiosità e timore.
La posta in gioco era decisamente alta, stiamo infatti parlando del primo film in lingua inglese diretto dal coreano Park Chan-wook, il nome dietro la cosiddetta “trilogia della vendetta”, comprendente Mr. Vendetta, Old Boy e Lady Vendetta.

Sappiamo bene che, secondo una regola non scritta, quando Hollywood punta gli occhi su di un talento straniero, il più delle volte lo fa per affidargli progetti inconsistenti e destinati a durare il tempo della loro permanenza in sala, ma è anche vero che questo non sembrava decisamente il caso. La sceneggiatura di Stoker, scritta dalla star di Prison Break Wentworth Miller (sotto lo pseudonimo Ted Foulke), era infatti finita nella Black List del 2010, riguardante i migliori script non trasformati in lungometraggi. I pochi assaggi diffusi nel web nel corso di questi mesi, inoltre, avevano preannunciato un’opera oscura, morbosa e decisamente atipica, facendo tirare, per quanto possibile, un sospiro di sollievo a tutti i fan di questo regista. Dulcis in fundo i nomi degli attori coinvolti: Mia Wasikowska (la Alice di Tim Burton), Nicole Kidman, Matthew Goode e Jacki Weaver.

Insomma, i presupposti per un buon film c’erano tutti, non si poteva fare altro che aspettare il suo arrivo in sala per poter giudicare di persona. E quel giorno è arrivato.
Stoker è stato presentato in anteprima nazionale durante l’edizione 2013 del Bari International Film Festival, confermando pienamente le aspettative che si nutrivano nei suoi confronti.

Partiamo subito da una premessa fondamentale: Stoker non è un’opera lineare, tantomeno commerciale. Se siete alla ricerca di una storia coerente e in grado di seguire un filo logico molto probabilmente vi ritroverete delusi a fine visione. Ci troviamo infatti di fronte ad una pellicola che vive di suggestioni, con momenti di regia talmente alti da lasciare senza fiato e una cura per il dettaglio incredibile, unita ad un sapiente uso del montaggio.
Ad una prima analisi la trama potrebbe sembrare sconclusionata – e lo è in effetti, inutile negarlo – ma assume un senso se rapportata alla metafora che vive al suo interno: la maturazione sessuale e sensuale di una giovane donna, raggiunta grazie all’aiuto di una presenza maschile negativa e al tempo stesso più affascinante che mai.

Un’evoluzione che, ovviamente, riguarda la figura di India, magnificamente interpretata da Mia Wasikowska, che all’interno di questa pellicola riprende per certi versi il personaggio di Lewis Carrol che l’ha resa celebre, immergendolo in una dimensione altrettanto sospesa e fantastica (merito di una fotografia sublime, in grado di donare il giusto spessore ad ogni immagine).
La sua presa di coscienza avviene lentamente durante tutta la durata del film ed è resa concreta grazie all’uso di alcuni espedienti scenici (mobili o semplici oggetti di uso comune più grandi del normale o il “semplice” uso della prospettiva) che sottolineano il suo essere piccola pur vivendo in un corpo ormai adulto, dando luogo ad immagini di rara bellezza.

Per quanto riguarda il resto del cast, le scelte risultano decisamente azzeccate. Ottima Nicole Kidman nel ruolo di una vedova alle prese con la cosiddetta crisi di mezza età, fragile e allo stesso tempo austera. Superba, ma del resto è inutile dirlo, Jacki Weaver, anche se la sua permanenza sullo schermo è minima. Bravissimo Matthew Goode, in grado di donare follia e inquietudine anche al più semplice gesto. Figure che si muovono all’interno di un universo che vive (anche) di citazioni, passando dal più ovvio Alfred Hitchcock al David Lynch di Twin Peaks e strizzando l’occhio al mito del vampiro in più di un’occasione, a cominciare dal titolo.

Stoker è un melodramma moderno, scandito come una partitura musicale. Ed è proprio questo che bisogno tenere presente nel momento in cui lo si guarda: basta lasciare che siano le immagini a prenderci per mano e a guidarci lungo questo viaggio, allo stesso modo con cui ci si lascia cullare dalle note di una splendida melodia.

Pubblicato su ScreenWEEK

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